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Un incontro sul Delta: Paolo Ganz

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Incredibile, a 50 anni un’incontro inaspettato e prezioso. Per circostanze inimmaginabili dopo trent’anni.

Ho rivisto il grande Paolo Ganz.

Ma facciamo un passo indietro.

Erano gli anni 90 quando sedicenne venivo accompagnato da mio padre a sentire i concerti di blues nei locali del bellunese. Da qualche anno suonavo l’armonica e da molto meno la chitarra. Allora non avevo ancora la chitarra elettrica e reperire informazioni su come questa dovesse essere suonata era una cosa quasi esoterica. Per cui mentre con l’armonica c’erano i metodi ma non i dischi (almeno a Belluno) per la chitarra blues c’erano i dischi ma non i metodi (sarebbero arrivati da li a poco, Paolo Amulfi, Robben Ford ecc..). Quindi quando Paolo Ganz si esibì in un bar nel centro di Paiane non persi l’occasione a andai a sentirlo per “rubare” qualche segreto chitarristico. Io lo conoscevo già perché avevo studiato la sua enciclopedia per armonica e voce e questo minimalismo mi piaceva tantissimo (oltre al fatto che poneva la musica al di fuori di un contesto da band, permettendomi di ascoltare una versione finita dei brani senza rimpiangere la mancanza di altri strumenti).

Paolo suonò benissimo e mi firmò anche una cartolina “a Marco con tanto blues”.

Poi passarono gli anni, io crescevo con la mia chitarra e un pò alla volta abbandonai l’armonica, lui a quanto racconta si accorse che il vento stava girando e nonostante le collaborazioni con Francesco Nuti, ritenne che fosse più saggio ridurre i live e spostare il baricentro su altre cose (ritengo che vista l’attuale situazione del circuito blues italiano abbia fatto la cosa più intelligente).

Fatto sta che nell’anno del Signore 2024 venni contattato proprio da Paolo per realizzare una statuina del grandissimo Sonny Boy Williamson II. La consegna a mano, fatto imprescindibile vista la delicatezza del manufatto, avvenne alle foci del Lamone all’altezza di Marina Romea.

Fu come aprire una scatola del tempo e trovarci invecchiati ma uniti da quel fiume sotterraneo che è il blues, quel fiume che era sempre stato li.
Poi abbiamo suonato qualche brano insieme sulle rive del fiume. Per me è stato molto emozionante.

C’è qualcosa di simbolico nei fiumi. Non romantico. Ma simbolico si. I fiumi uniscono luoghi e persone, sono una strada inarrestabile, i fiumi portano al mare. Che significato abbia il mare se i fiumi sono la vita non lo so, certo è che se i fiumi sono la vita il mare è il luogo in cui le vite si incontrano e si uniscono, le storie personali diventano storie collettive in un unico intreccio che si rivela ai nostri occhi a volte chiarendo il suo mistero.
Che sia questo incontro l’inizio di una nuova collaborazione? Vedremo state sintonizzati!

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