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Fabrizio Poggi – Angeli Perduti del Mississippi

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Ho conosciuto di persona Fabrizio Poggi nell’ottobre 2021, è stato un incontro incredibile e di una ricchezza smisurata, un pomeriggio a parlare di progetti, Diritti Civili, blues e molto altro.

Incredibile notare come un artista del calibro di Fabrizio, nonostante i riconoscimenti internazionali, le collaborazioni con veri maestri e leggende, i molti dischi realizzati, l’intensa attività live in Italia e all’estero, il lavoro di ricercatore e saggista, rimanga una persona estremamente affabile e gentile anche con persone come me e Sara che non possiamo vantare un così corposo curriculum artistico.

In un panorama provinciale come quello del blues italiano, dove artisti assolutamente minori vengono elevati a leggende viventi solo perché nel cuore o semplicemente nello staff di questo o quel promoter, un artista vero e impegnato come Poggi risulta una “mosca bianca”, basta entrare in casa sua e guardare le foto alle pareti per rendersi conto di questa verità.

Ci sono foto con Ry Cooder, con Guy Davis, Eric Bibb e chi ne ha più ne metta… chi non vorrebbe foto così? (Che poi il più delle volte sono la testimonianza di collaborazioni reali).

Al suo fianco una vera e propria roccia: Angelina Megassini. Credo che se Angelina ci si mettesse potrebbe portare Fabrizio ad essere il primo armonicista a suonare sulla luna se volesse. Una forza della natura dal punto di vista organizzativo, la spalla ideale per Poggi.

Foto | Riccardo Piccirillo

Questa lunga introduzione per parlare di “Angeli Perduti del Mississippi”.

Credo che sia uno tra i testi più interessanti che abbia letto, scritto da un italiano, negli ultimi anni.

Il taglio della pubblicazione è estremamente particolare infatti a un primo acchito sembra un “Dizionario del Blues”, si perché Poggi da molta importanza alle parole al loro significato, questo aspetto è assolutamente inedito. Fabrizio stesso mi ha confermato che la lingua del blues non è l’inglese o l’americano…è un’altra cosa è la lingua del blues, un misto di contrazioni africane, francesismi, parole derivate e storpiate dallo spagnolo, modi di dire rielaborati, parole con doppi o tripli sensi e così via. Quindi questo approccio con attenzione alla semantica è di grande aiuto ed interesse per l’appassionato.

Nel testo sono ovviamente ricordati tutti i personaggi maggiori e minori del blues, gli stili, i capiscuola, ma viene dato grande rilievo anche al “blues bianco” e al British, cercando di capire il background degli artisti che negli anni 60 fecero da cassa di risonanza ai maestri del blues nero.

Poggi dedica un vasto capitolo a Bob Dylan, per diverse ragioni, viene inserito in un libro che tratta di blues.
Innanzitutto perché il libro ha un taglio squisitamente attento alla semantica, per cui la particolare attenzione ai testi e al loro significato porta Poggi a esaminare la modalità di scrittura di Dylan evidenziano la matrice lirica blues.
In secondo luogo per l’attenzione di Dylan alle tematiche dei diritti civili afroamericani, che sono una tematica a cui Fabrizio Poggi ha dedicato moltissima attenzione ed un bellissimo progetto – Il Soffio della Libertà.
Poi perché la dimensione artistica di Dylan sembra tracciare una via anche per artisti non di colore che si vogliono dedicare al blues con rispetto e con la ricerca di un proprio linguaggio che non rinneghi il background black ma che lo inglobi.

Poggi sembra dire “Questa è una strada interessante che si può percorrere senza scimmiottare cose nate da artisti con un vissuto totalmente diametralmente opposto al nostro, è una strada che trova nell’utilizzo delle parole e nella loro poetica quell’autorevolezza e quella credibilità che spesso manca quando si tenta di rileggere il blues esclusivamente come fatto estetico”.

Questo capitolo che è quasi un libro nel libro sembra accendere una spia che ci avvisa che tutti i capitoli precedenti dedicati al blues bianco o al British blues vanno riletti in base a quest’ultimo approfondimento.
Come dire “il blues non esisterebbe senza le sue parole e queste sono un tesoro a disposizione di tutti”.

Inutile dire che suggerisco questo volume a chiunque, tra l’altro integrato con artisti contemporanei (alcuni dei quali collaborano con lo stesso Fabrizio Poggi – vedi Sonny Landreth).

Personalmente credo che se anche dovessi smettere di suonare domani, potrei ritenermi già soddisfatto della mia vita artistica per aver conosciuto tra gli altri anche un artista come Fabrizio Poggi.

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