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Intelligenza Artificiale Parliamone

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Solitamente non pubblico in questo blog cose non attinenti alla musica ma questa volta ho fatto un’eccezione.

Mi hanno detto che molti hanno paura dell’intelligenza artificiale, credo che come tutti i grandi cambiamenti della vita, o delle nostre abitudini sia normale averne timore.
Pare che questa “intelligenza” arriverà in molti dei settori digitalizzati della nostra vita. Pare che determinerà la fine di alcuni mestieri e la semplificazione di altri.
Non c’è ancora un quadro preciso di come sarà il futuro affiancato dall’ai, certo è che la ricca letteratura di fantascienza ha gettato le basi per i più foschi pronostici. Macchine senzienti da sempre fanno capolino nella narrativa, spesso in ribellione all’uomo che le ha create. C’è qualcosa di bibblico in tutto questo.

REALTÀ O FINZIONE
La creazione di contenuti con l’intelligenza artificiale è oggi oggetto di grande discussione, anche perché l’aumento esponenziale dei contenuti ha portato Google a penalizzare quelli dichiaratamente “spazzatura” creati con ai.
Sistemi come Midjourney, Stable Diffusion, Dall-E, Leonardo.ai, permettono di creare sorprendenti immagini in pochi passaggi, chat Gpt-4 permette di creare testi e codici, a volte interi programmi senza conoscere nulla del codice di programmazione. Tantissimi altri esempi dimostrano come la realtà possa essere artefatta dalla “Realtà Artificiale”. Gli strumenti nascono in continuazione e mese dopo mese si perfezionano sempre di più.

IL RUOLO DELL’IMMAGINE
Straordinario è pensare come ad esempio sia cambiato nel corso della storia il ruolo dell’immagine: prima che venisse inventata la fotografia venivano mandati i pittori nelle colonie per poter raccontare con le loro immagini cose che non si sarebbero potute vedere in altro modo, questo dava all’illustrazione e alla pittura un ruolo decisivo per raccontare la verità. Certo era una verità edulcorata dalla visione artistica e selettiva del pittore ma era quanto di meglio si poteva fare all’epoca per rendere visivo ciò che era solo letterario.
Con l’avvento della fotografia il ruolo del pittore di reportage si ridimensiona, non era più la pittura il miglior modo di raccontare la realtà. Una foto aveva più dettagli e credibilità di qualsiasi opera pittorica.

A pensarci bene fintanto che il fotoritocco è rimasto nell’ambito fashion la fotografia ha mantenuto fino ai giorni nostri il ruolo che aveva già ai tempi di Nadar, ma con l’avvento dell’intelligenza artificiale si è aperta, spalancata, la porta sul dubbio. La fotografia racconta ancora la realtà? Ci si può fidare delle immagini? Dove si trova la verità? Come si riconosce? Quali sono gli strumenti che abbiamo a disposizione per poter dire se un immagine è vera o falsa?

É davvero difficile dare una risposta a queste domande, anche se è lecito chiedersi come la verità possa essere un’argomento così interessante nel variegato panorama del metaverso dove le persone “addolciscono” i propri tratti somatici per apparire più fotogeniche, dove la narrazione del proprio Io sostituisce a volte una penosa quotidianità fatta di routine e abitudini, dove uno può raccontare di avere 3000 amici ma solamente di una decina ha visto la faccia dal vero una volta e solo di un paio conosce la pizza preferita. E’ il primato dello Storytelling sulla realtà dei fatti e l’intelligenza artificiale diventa l’illustrazione delle nostre ambizioni.

BIAS
La questione prende però una piega grottesca e di rilevanza sociale quando all’intelligenza artificiale si chiede di fare la selezione del personale per Amazon, allora si scopre che questa “intelligenza” applica, con cinica logica statistica, le derive omofobe e razziali che ha imparato dalle prassi aziendali e dal suo “storico”, rendendole sistemiche e informatizzate. Non è per caso che l’intelligenza artificiale è così pessima perché noi stessi lo siamo? Non è che, per esempio, dovremmo lavorare un po più seriamente sulla qualità dell’uomo, sulla sua maturità etica, sulla sua consapevolezza umanistica, sulla sua unicità artistica invece di far prevalere sempre logiche di cassetta? Perché nelle logiche di cassetta l’intelligenza artificiale è sicuramente più abile del più abile dei commercialisti, anche perché non ha nulla da perdere.

Una volta le persone si mettevano in gioco per le loro passioni, era un mondo analogico, ma vero, adesso l’arte del consenso sui social sembra essere diventata l’unico metro di giudizio, anche al di fuori delle coordinate culturali. L’intelligenza Artificiale trae giovamento da questo proprio perché della debolezza culturale si nutre gettando alla gente immagini perfette per la loro ingenuità.

“Appaiono quindi fantastici uccelli esotici, condivisi continuamente da improvvisati ornitologi, immagini dell’Olandese Volante (la nave fantasma) ancorata in qualche spiaggia tropicale ecc.
Ma dove ci possiamo nascondere da tutta questa “intelligenza”? Forse proprio nella nostra umanità, nella nostra disciplina umanistica. Nella nostra capacità di pensare in modo astratto, nel far tesoro dell’immaginazione.

Arriveremo un giorno a vedere un robot Leonardo operare non più guardando il paziente con gli occhi del chirurgo ma con quelli della TAC e quel giorno sarà un giorno da festeggiare tutti gli anni che seguiranno. La micro chirurgia, la microbiologia creerà tessuti, e forse arriveremo all’uomo che creerà l’uomo, non come un grottesco copia incolla di pezzi alla Frankenstein, ma come una complessa architettura microscopica di connessioni di cellule, connessioni che l’intelligenza artificiale può studiare già adesso. Forse non daremo risposta alla domanda “Chi Siamo”? Ma in questo loop tra creatori e creato ci andremo molto vicino. C’è qualcosa di bibblico in tutto questo.

E LA MUSICA?

Sicuramente la musica è uno degli ambiti creativi che potrebbe risentire di questa rivoluzione digitale. Da molti anni infatti l’artigianalità dell’opera musicale è stata sostituita da un uso intensivo di informatica, di campionamenti, solo in alcuni casi virtuosi, questo ha portato a risultati degni di nota. Nella maggior parte dei casi l’informatica è stata usata per “eliminare il musicista” mettendo nelle mani del producer il totale della creazione. Questo non ha creato scompensi esistenziali nel pubblico già abituato al “becchime da pollaio” delle radio commerciali, ai cantanti con l’autotoune, alle liriche scritte a venti mani con rime in cuore e amore. Ma è molto probabile che anche la figura di questo furbissimo producer verrà presto soppiantata da ancor più scaltri “prompt engeenering” capaci di fare all’intelligenza artificiale le domande giuste per ottenere il risultato desiderato.

Quindi credo che l’avvento della “musica ai” non creerà grandi scossoni in questi consumatori di materiale audio precotto.

Resta aperta la questione dei “diritti d’autore” e di tutte quelle risorse che la cosidetta Intelligenza Artificiale utilizza per le sue generazioni. C’è parecchia opacità sull’argomento. Si legge periodicamente di società che avviano cause verso questo o quello sviluppatore perchè la loro IA si sarebbe nutrita dei testi nelle loro banche dati, o di questo o quell’attore a cui sarebbe stata “rubata la voce”, tutte cose sulle quali ancora regna una certa anarchia. 

 

Il futuro è sicuramente più complesso di come se lo sarebbe immaginato Isaac Asimov ma non meno interessante.

 

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